Progetto Cicogna Bianca

In molti Paesi europei è cosa consueta osservare le cicogne nidificare sui tetti delle case: basta andare in Alsazia o in Grecia per ammirare questi eleganti trampolieri sostare indisturbati sulla sommità degli edifici. In Italia, invece, la Cicogna bianca è estinta, come nidificante, dal 1700: questo significa che la specie era presente nel nostro Paese solo come visitatore occasionale, durante il passo migratorio e che, solo raramente, si verificavano sporadici tentativi di nidificazione.
Proprio nella campagna cuneese, attorno a Racconigi, le cicogne non sono mai mancate: ogni primavera, come ogni autunno, era possibile osservare alcuni esemplari in sosta durante la migrazione. È solo con un tentativo di nidificazione di una coppia nel 1980, fallito purtroppo per bracconaggio, che emerge con forza l’idea di tentare un progetto scientifico per reintrodurre la specie in Italia.
E così che, in collaborazione con la Lega Italiana Protezione Uccelli e grazie all’esperienza dell’ornitologo Bruno Vaschetti, proprio a Racconigi, viene avviato nel 1985 il primo progetto italiano per riformare una colonia nidificante di cicogna bianca.
Grazie all’aiuto del primo centro cicogne europeo, fondato da Max Bloesch in Svizzera nel 1948, arrivarono a Racconigi le prime 10 cicogne che, ospitate prima in voliere, vennero poi liberate.

Già nella primavera ’86 nidificava la prima coppia di cicogne in libertà, dando inizio ad una nuova generazione di cicogne italiane.
E così nel tempo si è ricostituita una colonia stabile di cicogne nidificanti: ogni anno, infatti, circa 30 coppie si riproducono nella zona, occupando sia le piattaforme appositamente predisposte sui comignoli delle case sia le sommità di castelli e campanili. Grazie agli anelli di riconoscimento, è stato possibile constatare che ogni anno si fermano a Racconigi, per il periodo riproduttivo, cicogne marcate in Svizzera, Germania, Francia, e viceversa, cicogne inanellate sui nidi a Racconigi, sono state osservate in Olanda, Danimarca, Francia, Spagna fino ai paesi del Nord Africa. L’inanellamento, infatti, è un metodo scientifico, coordinato in Italia dall’Istituto Nazionale Fauna Selvatica di Ozzano Emilia (Bologna), che permette, grazie ad una codifica internazionale, di ricostruire le storie individuali degli animali e di scoprire, così, i percorsi che hanno compiuto, i tempi di sopravvivenza e molte altre informazioni sulla loro biologia.

 

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